Home > Blog > La narrazione distorta sulle strutture tutelari. Le parole del nostro presidente

Ogni tanto c’è una narrazione distorta delle strutture tutelari. Le demonizzano senza conoscere la realtà del lavoro di migliaia di educatori, psicologi e assistenti sociali che ogni giorno si dedicano a bambini feriti dalla vita.

Siamo lieti che i bambini stanno bene, non sono in una struttura protetta. Che era l’ipotesti che più ci allarmava.

Sono le parole pronunciate che ieri 24 febbraio 2025 ha pronunciato, nel corso della trasmissione La vita in diretta su Rai 1, il giornalista Alberto Matano sulla vicenda dei due bambini di Cosenza vittime di gravissimi maltrattamenti. Vicenda che ha scosso l’opinione pubblica e il cui clamore è più che giustificato. Ogni volta che un bambino subisce violenza, è tutta la società a doversi interrogare su cosa non abbia funzionato nella rete di protezione che dovrebbe tutelarlo.

Le parole del giornalista esprimono sollievo nel sapere che i bambini che hanno subito violenza non sono stati collocati in strutture tutelari. Ma sono parole di una gravità inaudita del sistema di protezione. Perché la collocazione in una struttura è vista come un pericolo. Quale immaginario si sta costruendo, e con quali conseguenze?

C’è, infatti, un altro aspetto di questa vicenda che merita una riflessione. Perché sta emergendo un pregiudizio pericoloso e ingiusto: la demonizzazione delle strutture tutelari per bambini e adolescenti. Dice il presidente Giancarlo Rafele, direttore della struttura tutelare di La Casa di Nilla

Le strutture tutelari non sono “orfanotrofi” come qualcuno ancora le chiama, né sono luoghi di segregazione o privazione. Sono realtà che accolgono bambini e ragazzi in situazioni difficili, garantendo loro protezione, cura e un ambiente sicuro. Operano sotto il controllo dei Tribunali per i Minorenni e dei Servizi Sociali, seguendo normative stringenti e standard di qualità sempre più elevati.

Eppure, ogni tanto, prende piede una narrazione tossica, alimentata da alcune inchieste giornalistiche. È una generalizzazione ingiusta che ignora il lavoro di chi ogni giorno si dedica ai bambini feriti dalla vita.

È giusto e sacrosanto vigilare affinché le strutture lavorino nel rispetto delle norme e del benessere dei bambini. Ma il vero scandalo è quando si lascia intendere che queste strutture siano il problema anziché una possibile soluzione. Perché quando una famiglia si dimostra incapace di proteggere un bambino, chi si assume la responsabilità di farlo? Se la struttura tutelare non è la risposta, lo è sempre la famiglia allargata? È davvero sempre la soluzione migliore?

La protezione dei bambini deve venire prima di qualsiasi pregiudizio, anche mediatico. Demonizzare le strutture senza conoscere la realtà del loro lavoro significa indebolire un sistema che ogni giorno offre nuove possibilità a chi ha già subito troppo.

conclude il nostro presidente.